Atto quinto

 

Scena prima

Generale de' romani, Tribuno, coro di Soldati romani.

Immagine d'epoca ()

Bozzetti

 Q 

Generale, Tribuno, soldati romani

 

GENERALE

O della bella Italia, o del gran Tebro  

invitti figli: al valor nostro è poco

difeso aver quel loco,

contro furor d'innumerabil campo:

da più degna vittoria.

Attendete guerrier più degna gloria.

Poscia che da barbarica fierezza

sospinto il fier tiranno,

fe' profondi torrenti

correr del femminil sangue britanno;

acceso all'ammirabile bellezza

della regina loro,

cerca sol come possa

quel magnanimo cor rivolto a Dio,

volger al proprio suo folle desio.

Quindi in riva del Reno,

ad empi sacrifici,

e a vani amori intento

ebbro vaneggia, e 'l guerreggiar non cura:

io dalle chiuse mura

nell'aperte campagne ora vi guido,

acciò sovra quel lido

tutta per le man vostre oppressa reste

l'abominata peste,

ch'ingombra di Germania i nobil regni.

Romani, or di voi degni

veggiansi i fatti: onde l'avversa gente

dall'armi vostre doma,

con suo gran danno impari

a riverire il sacro impero, e Roma.

TRIBUNO

Alla natia palude,

o vinto tornerassi il re superbo,

o sotto giogo acerbo

incatenato al trionfal tuo soglio,

fia spettacol' altero al Campidoglio.

GENERALE

Spieghisi dunque in alto

la sacrosanta croce, e 'l regio augello:

dien di battaglia il segno

ardite trombe in bellicosi carmi:

guerrieri all'armi, all'armi.

CORO

All'armi, all'armi.

Generale, Tribuno, soldati romani ->

 

Scena seconda

Cordula, coro di Cristiani.

<- Cordula, cristiani

 

CORDULA

Dove corro infelice?  

In qual antro mi celo

agl'occhi de' mortali. Al sole, al cielo?

Qual cerco inabitata aspra pendice?

Ah, che dovunque io movo il mesto piede,

la tradita regina, e Dio mi vede.

Così Cordula vile,

così lasci l'insegna

di tua schiera gentile?

O troppo, troppo indegna

alla donna real d'esser compagna,

dal suo beato coro

qual sì basso timore, ahi, chi ti scompagna?

CORO

Donzella, il passo arresta.

Qui vedi amica gente

non meno afflitta, e mesta:

dinne, per qual tua sorte

ti sottraesti al micidial furore?

CORDULA

Per viltà, per timore.

Non fui degna di morte:

ma, lassa or c'ho veduta

in quel fiero terreno,

la diletta regina

da spietata saetta aperta il seno,

più non temo il morire, anzi lo bramo,

e morte, morte ad alte grida io chiamo.

CORO

O spietata fierezza:

il fior delle regine,

il sol della bellezza,

la fenice d'Europa ebbe tal fine?

CORDULA

Amici, ah non piangete

l'estrema sua magnanima partita:

piuttosto vi dolete,

che fra tanta viltade io resti in vita.

CORO

Fu divino volere,

che sola tu non rimanessi estinta,

per far a noi palese,

quanto soffrì tra dispietata gente,

per la fé del suo dio donna innocente.

CORDULA

Il generoso ardire,

l'invincibil costanza, e la sua fede,

son contenta narrarvi, e poi morire.

CORO

Vedi come ciascuno

con lacrimose ciglia a te lo chiede.

CORDULA

In solitaria parte

stavami ascosa, e 'l vergognoso scampo

semiviva attendeva;

quando mirai di nuovo il fiero campo

tornar con alti gridi

d'una folle letizia, agl'empi lidi.

Venia la mia regina

tra l'orgogliosa gente,

sì nel volto ridente,

che ben esser parea a dio vicina:

nulla l'anima bella

movean lusinghe, o preghi,

o di certo morir fiera novella.

CORO

O come, o come è vero,

che chi ben ama dio di nulla teme.

CORDULA

Giunto il fiero tiranno ove si scorge

eretto a forza dea profano altare,

ivi qual è costume

della barbara Scizia,

ebro guidò carole

al simulacro dell'infame nume,

e profane cantò folli parole.

Finito il sacrifizio, e l'empia danza

baldanzoso si mosse, ove rivolto

al cielo, il core, e 'l volto

la vergine real languiva in dio:

al tartareo desio

sciolse poi tanto il freno,

ch'a quel pudico seno

corse per avventar l'impure braccia:

parve ch'allor dalla divina faccia

saettasse per lei sdegnato il cielo

folgor di riverenza, e di timore:

dal celeste splendore

atterrito quell'empio

si trasse addietro, e in lei lo sguardo affiso,

che tutta ardendo in volto

di nobil'ira in guisa tal gli disse.

Stanne da me lontano

barbaro scellerato,

e non osar la temeraria mano

stender in questo corpo a dio sacrato.

Serva son io di Cristo, e sua consorte:

ti basti a darmi morte,

a mandarmi contenta al mio bel coro,

ch'i falsi dèi disprezzo, e Cristo adoro.

CORO

Generoso ardimento, e di te degno

purissima donzella,

fatta regina omai d'eterno regno.

CORDULA

A' magnanimi detti

l'orgoglioso tiranno accolse in seno

tutta l'ira d'Averno,

e delle furie la spietata rabbia:

gonfiò l'orrida labbia,

spirò da fieri lumi atro veleno

in sembiante feroce

curvando poscia l'arco,

parve il cielo atterrir con l'empia voce.

Or va', femmina vile, or va', le disse,

l'amor nostro disprezza,

oltraggia i nostri numi, e Cristo adora.

Amici udissi allora

sonar l'orribil arco,

e per l'aria volar l'acuto strale,

che sulle rapid'ale

giunto al candido seno, ivi s'immerse,

e 'l puro cor aperse.

CORO

Crudeltade infinita:

o mansueta agnella,

quando cadde giammai

vittima al re del cielo così gradita.

CORDULA

Cade la verginella

sovr'il suol genuflessa:

sparge il pudico sangue,

e come rosa langue,

da troppo ardore, o troppa pioggia oppressa.

Fur delle caste labbra

il nome di Gesù gl'estremi accenti:

i bei lumi ridenti,

si chiuser poscia: e dal beato velo

volò la nobil alma

di mortal guerra a trionfar nel cielo.

CORO

Felice lei, che seppe

cangiar lo scettro in sempiterna palma.

CORDULA

Ahi, che mi par vedere,

che dall'eterna soglia

di me cercando, il divin guardo giri;

e se doler si puote, ora si doglia,

che me nel suo trionfo ella non miri,

o regina, o signora

attendi, attendi ancora

la tua Cordula amata,

riserba ancora a me la palma mia:

per l'istessa tua via

già ti seguo veloce,

già volo pronta alle celesti porte.

Alla morte, alla morte.

 

Cordula ->

CORO

Alle perfide squadre ella se n' riede:  

o generosa emenda, o quanto puote

in un'alma pentita ardor di fede.

 

Scena terza

Orebo, coro di Cristiani.

<- Orebo

 

OREBO

Compagni udite, e date lodi a dio:  

mentre ch'inerme, e solo

il vostro, il mio signore,

animato dall'ira,

e trafitto dal duolo,

là se ne giva, ove credeva innanti

al superbo tiranno

viva trovar la gloriosa duce;

ecco ch'in un istante

l'alma di lei beata,

allor disciolta dal mortal suo velo,

vibrando lampi d'infinita luce,

gli rifulse dal cielo:

e con amabil volto,

e soave parlar di paradiso,

tutt'il cor gl'ingombrò di santo zelo.

Egli, venuto degno

di mirar l'ineffabile beltade

fatta beata nell'eterna gioia,

ogni affetto mortale ha preso a sdegno:

arde solo nel cielo,

e brama sol potere

per la gloria di dio,

cader trafitto in mezzo all'empie schiere.

Ma vedete, ch'appunto

egli di qua se n' viene,

forse per dar a voi l'ultimo addio.

 

Scena quarta

Ireo, Orebo, coro di Cristiani.

<- Ireo

 

IREO

È morta la mia vita:  

anzi è luce novella

al più bel ciel salita.

Pur or la rimirai

tra le vaghe carole

di giovinetti alati,

vieppiù bella del sole

ascendere gl'immortal seggi beati.

Udii pur ora il suono

di sua dolce favella

biasmar dal cielo i miei terreni amori,

ed infonderm'al cor celesti ardori.

Degno solo di dio

eri, o beato volto,

e tropp'offesi io,

pura celeste stella,

ne' miei bassi pensieri in terra involto.

Perdona anima bella

se troppo amai la tua caduca spoglia:

perdona a' folli detti,

che sciolse il cor per disperata doglia:

or di più bel desio

avvampando nell'alma,

nella celeste tua cangiata forma

adoro solo il tuo fattore, e mio.

Sì, che seguir' io voglio

quell'istesse bell'orme,

che tu pur or segnasti:

sì, che nel divin soglio

vo' portar quella palma,

che tu pur or portasti:

o cara: o beat'alma

se non sdegnasti in vita

consolarmi talor di tue parole,

or dall'eterno sole

mandami un raggio di celeste aita,

onde da questa notte a te me n' vole.

O cara, o beat'alma

ecco com'io conforme al tuo volere

il santo nome a confessar di Cristo

vo tra l'inique schiere.

Passi a me questo core

quella man dispietata,

che ti trafisse il seno:

beato venir meno,

dolce sorte beata,

s'avverrà, che per merto

del tuo pudico sangue,

gradisca il re del cielo il morir mio.

O padre, o regno addio.

Addio fedeli amici:

non sia di voi chi vieti

al suo caro signore opra sì pia,

che 'l vietarmi il morire

con ingiusta pietade,

sarebbe tormi un immortal gioire.

Voi, (se mai libertade

da squadre avrete di pietà rubelle)

là nel paterno lido,

dite al mio genitor, che più bel regno

m'han donato le stelle,

e ch'in soglio di gloria ivi m'affido.

Io, qui vi lascio amici,

e seguo, ove mi chiama, ardente zelo:

vivete voi felici,

né piangete per me, ch'io volo in cielo.

 

Ireo ->

CORO

Dove ne lasci soli,  

o nostra amata guida?

Chi senza te n'aita, e chi n'affida?

Ma se voce di dio

è quella, che ti chiama,

segui signor tua brama,

ch'io non so ritardar ardor sì pio:

addio signor, dolce signor addio.

OREBO

Ohimè, ch'il fier tiranno, il crudo mostro

nuda tenendo in man la fiera spada

se n' vien da questa parte:

ohimè, ch'appunto incontra il signor nostro:

ahi con quanto furore

verso di lui si move?

CORO

Vedete come le ginocchia a terra

posto il real garzone,

con magnanima voce

si palesa di Cristo,

esser vero seguace.

OREBO

Oh dio, di quanta rabbia

freme quel crudo all'odiato nome?

Ah, che sovra gli corre:

ah, che per l'auree chiome

prende il bel giovinetto,

e la spada crudel gli passa il petto.

CORO

Questo novello scempio

ancor sopporti, o terra,

e non tranghiotti l'empio?

OREBO

O spettacolo atroce,

vedete come calca

quella rabbiosa fiera il regio volto:

eccolo a noi rivolto:

compagni, armiam di fede,

armiam di fede il seno:

incontriamo ogni sorte

di tormento, e di morte,

che vive eterno chi per dio vien meno.

 

Scena quinta

Gauno, Orebo, coro di Cristiani.

<- Gauno

 

GAUNO

Così vada qualunque  

segue di Cristo il detestato nome:

vada come quel folle,

che giace là dal ferro mio trafitto:

ma dove, o Gauno invitto,

dove son le tue tante armate genti?

Dov'il campo infinito, onde pur ora

minacciavi le stelle, e gl'elementi?

Ah, che mentre tu feri

femmina vile, ed uomo inerme, e solo,

l'orgoglioso nemico, i tuoi guerrieri,

t'ancide a stuolo, a stuolo.

Trionfa nazareno, hai vinto, hai vinto:

sovra quel lido estinto

tutto giace il mio campo:

ed io che volger feci

a tutt'Europa il tergo,

io con indegna fuga

da' feroci romani appena scampo.

Ahi, che serpi, che furie al cor mi sento?

Qual fiamma mi circonda?

Chi mi sgrida dal ciel, chi mi flagella?

Sei tu cruda donzella:

Orsola certo sei,

che lo stral che t'ancise,

mostri di fulminare agl'occhi miei.

Or contr'a me discendi,

venga meco a battaglia

il tuo Cristo, il tuo dio,

e vegga chi più vaglia,

l'odiata sua croce, o 'l ferro mio.

 
Qui per l'orrenda bestemmia cade un fulmine sopra il Re, e la terra l'inghiotte, cade ancora fulminato il tempio di Marte, e l'idolo va in pezzi.

Gauno ->

 

OREBO

O divina vendetta:  

scesa sull'empia fronte

giustissima saetta,

di natura, e del ciel vendicò l'onte.

Dov'è l'iniquo corpo? Ah che la terra,

a quel fiero rimbombo il grembo aperto

l'ha tranghiottito entro gl'orrendi abissi.

Purgasti pur il sole

d'oggetto tanto immondo:

sgravasti pur la terra

di sì noioso affanno,

scellerato tiranno,

peste della natura, odio del mondo.

Va' nella reggia eletta

a' tuoi misfatti atroci:

va' da dio maledetta

nel più profondo centro anima infida!

Ivi durino tanto

i dovuti tormenti, e le tue strida,

quanto d'Orsola in ciel la gioia, e 'l canto.

 

Scena sesta

Centurione romano, Orebo, coro di Cristiani.

<- Centurione

 

CENTURIONE

Libertà, libertà, misere genti:  

ha vinto il roman duce,

son gl'unni in tutto spenti,

libertà, libertà, misere genti:

sentite il latin campo

pien di preda, e di gloria

di lietissimo suon ferir le stelle:

io, dell'alta vittoria

in Colonia me n' volo a dar novelle.

CORO

Verrà, verrà quel giorno

cari paterni tetti,

che noi liete facciamo a voi ritorno?

Quando vi mireremo amati porti?

Quando vi stringerem figli, e consorti?

OREBO

Ecco le squadre amiche:

altri dietro si trae le vinte insegne,

altri porta in trionfo elmi, e loriche.

Vedete il nobil duce

ornato il crin di meritato alloro,

altero fiammeggiar tra l'ostro, e l'oro.

CORO

Ecco dall'altra parte:

e d'olivo, e di fior cinti la fronte

incontro a' vincitori

da Colonia venire allegri cori,

e risonar vittoria il lido, e 'l monte.

 

Scena settima

Coro di Soldati romani, coro di Nobili di Colonia, Generale de' romani.

<- soldati romani, nobili di Colonia, Generale

 

CORO DI SOLDATI ROMANI

Viva il Tebro, Italia viva:  

del mio duce il chiaro nome

voli omai di riva in riva.

Cinga la pace il crin di lieta oliva.

 

CORO DI NOBILI DI COLONIA

Piango Meoti

d'ogni suo figli

i lidi voti:

tutto vermiglio

al mare in seno

trascorre il Reno.

 

CORO DI SOLDATI ROMANI

Su figli spenti

svellan la chioma

madri dolenti:

festeggi Roma,

e 'l Tebro suone

palme, e corone.

 

GENERALE

Fortissimi guerrier, s'in quella riva  

da così poche squadre

esercito infinito oggi cadeo,

vostra pietade ascriva

alle sante donzelle

là per Cristo trafitte,

ogni nostra vittoria, ogni trofeo.

Io stesso, io stesso vidi

su ne' campi immortali

schierate le castissime guerriere,

dalle gole innocenti

trarsi gl'acuti strali,

e quelli riversar sull'empie genti.

Questo che 'l crin mi cinge altero alloro,

io da te riconosco

bella duce immortal del casto coro.

Grato a tanta mercé, dell'alte spoglie

da' miei forti romani al popol' empio

ritolte in nobil guerra,

a te giuro sacrar sublime tempio,

e 'l tuo nome adorar prostrato a terra.

 

CORO DI SOLDATI ROMANI

Viva il Tebro, Italia viva:

del mio duce il chiaro nome

voli, omai di riva, in riva.

 

CORO DI NOBILI DI COLONIA

Cinga la pace il crin di lieta oliva.

 

GENERALE

Ite, voi che in Colonia albergo avete  

popoli liberati:

ite, e fia vostra cura

ornare i patrii tempi

degli sparsi cadaveri beati.

Riposi il mortal vostro

sacrosante donzelle in quelle mura:

ivi, tra gl'odorati arabi fiumi,

e tra divine lodi,

ardan' a' vostri altari eterne faci,

e siate contr'a' barbari rapaci

dell'imperio roman fide custodi.

 

CORO DI SOLDATI ROMANI

Viva il Tebro, Italia viva:

del mio duce il chiaro nome

voli, omai di riva, in riva.

 

CORO DI NOBILI DI COLONIA

Cinga la pace il crin di lieta oliva.

Orebo, cristiani ->

 
 
Qui per applauso della vittoria fu ballato da nobilissimi cavalieri della corte di Toscana, rappresentando parte di loro, Soldati Romani, e parte, Nobili di Colonia. Cangiossi di poi la scena in un bellissimo paradiso, dove in mezzo alle sue sante vergini, e tra cori di santi martiri fu vista trionfar Sant'Orsola.

Bozzetti

 Q 

sante vergini, santi martiri, Sant'Orsola

 
Trionfo di Sant'Orsola in cielo, Coro di Santi Martiri, Sant'Orsola.
 

CORO

Vieni alle piagge immortalmente belle,  

o sol di castitade

intorno cinto di pudiche stelle.

Questi soavi canti

spiegan i pregi della tua vittoria:

alla più alta gloria

vieni, o bramata dagl'eterni amanti,

e nel divino amore

appaga il guardo, e fa beato il core.

SANT'ORSOLA

O bei campi delle stelle

ingemmati di zaffiro,

a voi vengo, e tra voi spiro

luminose anime belle.

Deh quai festeggiano

schiere divine?

Deh quai lampeggiano

raggi al mio crine?

CORO

Vieni alle piagge immortalmente belle,

o sol di castitade

intorno cinto di pudiche stelle.

SANT'ORSOLA

Sommo bene, eterno dio,

in qual gloria ora mi veggio?

Pur ti godo, e ti vagheggio

dolce fin del mio desio.

Deh qual circondami

beato lume?

Deh qual inondami

di gioia fiume?

CORO

Vieni, o bramata dagli eterni amanti,

e nel divino amore

appaga il guardo, e fa' beato il core.

SANT'ORSOLA

Qual tu sei senz'alcun velo

puro sol di paradiso

ti contemplo, e in te m'affiso

alma luce, amor del cielo.

Deh sempre accendimi

mio divo amore?

Deh sempre splendimi

sol del mio core.

CORO

Vieni alle piagge immortalmente belle,

o sol di castitade

intorno cinto di pudiche stelle.

SANT'ORSOLA

Piaghe mie, beate piaghe,

pegni eterni di mia fede,

qual si porge a voi mercede

piaghe mie del sol più vaghe?

O morte amabile,

o mio cordoglio,

per voi mirabile

nel cielo ho soglio.

CORO

Vieni, bramata dagl'eterni amanti,

e nel divino amore

appaga il guardo, e fa' beato il core.

 

Fine (Atto quinto)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo di Marte, e dall'altra un bastione, che si sporge in fuora dal resto delle mura: nella lontananza apparisce la città di Colonia, il fiume Reno, e più oltre la campagna dove sono attendati gl'unni.

Generale, Tribuno, soldati romani
 

O della bella Italia, o del gran Tebro

Generale, Tribuno, soldati romani ->
<- Cordula, cristiani

Dove corro infelice?

cristiani
Cordula ->

Alle perfide squadre ella se n' riede

cristiani
<- Orebo

Compagni udite, e date lodi a dio

cristiani, Orebo
<- Ireo

È morta la mia vita

cristiani, Orebo
Ireo ->

Dove ne lasci soli

cristiani, Orebo
<- Gauno

Così vada qualunque

(cade un fulmine sopra il re, e la terra l'inghiotte, cade ancora fulminato il tempio di Marte, e l'idolo va in pezzi)

cristiani, Orebo
Gauno ->

O divina vendetta

cristiani, Orebo
<- Centurione

Libertà, libertà, misere genti

cristiani, Orebo, Centurione
<- soldati romani, nobili di Colonia, Generale

Fortissimi guerrier, s'in quella riva

 

Ite, voi che in Colonia albergo avete

 
Centurione, soldati romani, nobili di Colonia, Generale
Orebo, cristiani ->

(qui fu ballato da nobilissimi cavalieri della corte di Toscana, rappresentando parte di loro soldati romani, e parte nobili di Colonia)

Bellissimo paradiso, trionfo.

sante vergini, santi martiri, Sant'Orsola
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima
Prospettiva di Firenze. Apresi una voragine, dove si vede un lago di fiamme. La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... Bellissimo paradiso, trionfo.
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

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